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Le riforme costituzionali: sogno, chimera e incubo della politica italiana

 

Solo ieri, su Radio Anch'io, a margine delle diverse considerazioni relative alla cancellazione dell'Imu sulla prima casa, il Presidente del Consiglio Letta ha dichiarato "La settimana prossima verrà affrontato il nodo della riforma costituzionale. Uno dei problemi italiani sono le istituzioni che non riescono a decidere".

Nobili sensi invero, citando Traviata. Il problema è che di cambiamenti della Costituzione se ne parla da un tempo immemorabile, senza mai riuscire ad approdare a nulla. L'unica riforma realizzata sul serio negli ultimi 20 anni è stata la modifica del TItolo V della Costituzione, fatta a fine legislatura nel 2001, riforma che ha dato quella grande autonomia alle regioni di cui oggi si paga il prezzo in termini di disavanzo, soprattutto in ambito sanitario. Fu fatta perché quelli erano gli anni del successo della Lega, in cui tutti si riempivano la bocca con la parola "Federalismo", senza considerare che l'Italia ahimé non è proprio Paese maturo a sufficienza da potersi permettere questo tipo di autonomie, visto che la parola 'autonomia' nel nostro dizionario è spiegata come 'possibilità di fare quello che si vuole, senza che altri abbiano modo alcuno di limitare gli scempi che si desidera fare'. Ma tant'è.

Oggi, anche a Letta piacendo, siamo di nuovo qui, di nuovo a parlare di Riforme. E dire che ce ne sono alcune su cui la stragrande maggioranza degli italiani (destra, sinistra, centro) sarebbero d'accordo, e cioè:

1) abolizione sostanziale del Senato o, se proprio lo si vuole salvare per ragioni storiche, sua trasformazione in organo delle Regioni, sorta di Conferenza Stato - Regioni permanente allargata a rappresentanze più ampie del territorio (non solo i Presidenti delle Regioni, come avviene oggi);

2) cancellazione delle Province e dislocazione delle relative funzioni tra Comuni e Regioni

3) elezione diretta del Presidente della Repubblica

4) rafforzamento dei poteri del Governo e suo almeno parziale "sdoganamento" rispetto ai balletti parlamentari e al rischio di cadere un giorno sì e l'altro pure perché piccoli pezzi della maggioranza vanno in fibrillazione. Questo punto può unirsi al 3) rendendo lo stesso Presidente della Repubblica capo del governo, o si possono trovare soluzioni alternative, ma la sostanza non cambia molto.

Detto questo, perché non si procede subito con queste riforme? E dire che il momento attuale, in teoria, sarebbe ideale: c'è un governo di larghe intese, il che significa che se si arrivasse ad approvare un testo di questo tipo, nessuno potrebbe fare la parte del prevaricatore e nessuno quella del prevaricato e il testo che ne uscirebbe sarebbe, per forza di cose, sintesi del confronto tra anime diverse e quindi più semplice da difendere anche in futuro in presenza di maggioranze di altro colore politico. Probabilmente non servirebbe nemmeno il referendum confermativo, perché si potrebbe approvare il tutto con la maggioranza del 2/3 dei parlamentari.

E tuttavia...siamo sempre ai blocchi di partenza. Perché? La responsabilità è tutta della politica, della inutile politica, che insegue i titoli dei giornali, che lavora solo per apparire e mai per essere, a cui non solo non frega nulla del bene comune, ma nemmeno di quello di parte, solo dell'interesse spiccio, personale, degli stessi attori politici. E così ci troviamo di nuovo con un PD che proprio non riesce a non fare la guerra a Berlusconi, perché se no Repubblica e la CGIL si arrabbiano e un PDL che non avendo un progetto politico, una linea comune, dei valori di riferimento, non avendo proprio nulla insomma di "politico" da difendere, si aggrappa alla persona fisica del capo, al solito Silvio che, nel bene e nel male, è l'unico collante capace di tenere insieme tutta la coalizione.

Che tristezza. Con una punta di ottimismo, lo stesso (probabilmente vano) ottimismo del buon Machiavelli in chiusura del Principe, continuo a non disperare per l'avvenire e vogiio crederci sul serio che quest'anno, entro settembre del 2014, riusciremo ad avere finalmente queste modifiche costituzionali chiamate, telefonate, volute, desiderate ma da decenni rinviate. Mi sembro il venditore di almanacchi di leopardiana memoria, ma voglio aggrapparmi almeno alla speranza.

Chissà, magari presi da altre cose, i nostri governanti potrebbero distrarsi e, forse solo per questa volta, fare qualcosa che almeno un po' sia utile pure alla nostra povera Italia.

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