Il triste costo degli 80 euro

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Se c'è una cosa fatta sul serio da questo Governo su cui tutti concordano è il famoso bonus 80 euro (DL 66/2014). Di annunci in questi mesi ne abbiamo sentiti molti, nella maggior parte dei casi accompagnati poi da rinvii, rimodulazioni della tabella di marcia, smentite ecc.

Ma questo provvedimento c'è stato, nulla quaestio, ed è stato anche strombazzato a tutto volume: non solo a mezzo media (cosa che ci potrebbe stare), ma addirittura costringendo il Mef ad emanare una circolare per chiedere ai datori di lavoro di scrivere nelle buste paga una riga ad hoc dedicata al bonus (cosa che ci sta assai meno). In busta paga le detrazioni stanno tutte insieme: perché questa doveva avere uno spazio e una visibilità propria? 

Ma se questi 80 euro ci sono stati, e ci sono stati, la domanda che ora ci poniamo è: ci è convenuto riceverli? 

Intanto una precisazione: questi 80 euro non sono affatto per tutti. Il provvedimento è rivolto ai lavoratori dipendenti, quelli con "busta paga" per capirci, i lavoratori con contratto a tempo determinato e indeterminato. Ne restano fuori tutti gli altri: chi lavora con partita iva, i professionisti di qualunque tipo, i disoccupati, ovviamente, e i pensionati. Ma la verità è che neanche tutta la platea dei salariati beneficia realmente degli 80 euro. Questa cifra infatti non costituisce una sorta di aumento stipendiale, ma si tratta, come detto prima, di una detrazione fiscale, ovvero di una riduzione rispetto a quanto dovremmo pagare ogni mese di irpef, che si riduce all'aumentare dell'imponibile, fino ad annullarsi del tutto per i lavoratori che ricevono uno stipendio annuo di oltre 26.000 euro lorde (nulla di che, circa 1.400-500 euro netti mensili).

Primo punto quindi: gli 80 euro li prendono realmente solo i dipendenti che hanno uno stipendio mensile di meno di 1.400 euro. Non un provvedimento per tutte le famiglie, non una restituzione di quanto tolto in passato agli italiani, come spesso ama definirla il nostro Presidente del Consiglio.

La cosa tuttavia, nonostante sia chiara nel testo di legge, è fatta con una certa dose di ipocrisia: da maggio scorso questo aumento lo stanno percependo, nei fatti, un po' tutti i dipendenti, anche quelli che non avrebbero dovuto averlo. Questo avviene perché la detrazione, applicata appunto a partire da maggio, non tiene conto degli introiti ricevuti nei primi 4 mesi dell'anno e quindi, venendo calcolata su un reddito complessivo inferiore (perché tiene conto solo dei mesi maggio-dicembre), sembrerebbe spettare anche ad altre persone che, su un computo annuale, non ne avrebbero avuto diritto.

Cosa significa questo? Che l'emozione provata dal trovarci in busta paga questi bellissimi 80 euro si tradurrà in una brutta sorpresa o a dicembre, col conguaglio fiscale, o al massimo a maggio prossimo in dichiarazione dei redditi, quando ci verranno chiesti indietro tutti insieme.

Si dirà che il provvedimento (molto costoso peraltro, circa il doppio di quanto veniva la cancellazione dell'Imu sulla prima casa, quella sì reale, definitiva e per tutti) è servito almeno a far ripartire l'economia. Assolutamente no, il Paese è in recessione, non si vede la fine della crisi, lo stesso Renzi ha dovuto ammettere che gli 80 euro non hanno dato gli effetti sperati.

Qualche giorno fa è stata presentata la nuova manovra economica e il bonus 80 euro è confermato anche per il 2015. Ne siamo molto felici. Peccato che il prezzo sia salato anche stavolta: ci costa, ad esempio, l'ennesimo blocco del rinnovo dei contratti del pubblico impiego fino a gennaio 2016 (l'ultimo aumento risale a gennaio 2009). E anche qui il Governo non brilla certo per onestà intellettuale, basti vedere le note del Mef di pochi mesi fa in cui si lasciava ad intendere che questo blocco non ci sarebbe stato.

I dipendenti pubblici dovrebbero riflettere su quanto avrebbero oggi, di permanente e chiaro, se invece di avere lo stipendio fermo al 2009, lo avessero aggiornato al 2015. Ben più di 80 euro, davvero molto di più.

Ma un'altra bellissima sorpresa i lavoratori la riceveranno anche riguardo all'anticipo del TFR in busta paga. La misura in linea di massima potrebbe essere anche condivisibile, se non fosse che anche qui il Governo fa il furbo: non riguarderà ad esempio i lavoratori pubblici (perché?), ma i dipendenti privati che vorranno cogliere questa occasione vedranno il TFR tassato come il resto del loro reddito (mentre oggi quando si riceve il TFR via ordinaria, alla fine della carriera lavorativa, la tassazione è agevolata). In questo modo le imprese perdono liquidità, il Mef è contento perché su quei soldi ci prende più tasse, i lavoratori pubblici, ancora una volta, si attaccano.

Geniale questo Governo: alle imprese chiede il sacrificio di rinunciare al TFR in nome della speranza di far ripartire la domanda interna, ma lo Stato non lo fa, escludendo dal provvedimento i propri di dipendenti. Viene proprio in mente una celebre frase attribuita al buon Ricucci, molto volgare, ma ahimè molto adatta al contesto.

Basta così, non andiamo oltre. Solo una richiesta al caro Renzie: non dica più che questo Governo è l'ultima speranza per l'Italia. Per favore. Equivale a dire che di speranze non ce ne sono proprio più. E invece, come si sa, la speranza è sempre l'ultima a morire.