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La più grande bugia

Quando da ragazzi, ai tempi della scuola, ci lamentavamo delle ingiustizie dei professori, dei presunti trattamenti di comodo nei confronti di questo o di quello, una persona cara amava ripetere: "ma cosa volete...questi sono gli anni più belli, questo è il 5 stelle deluxe. Anche all'Università sarà bello, diciamo 4 stelle. Sarà poi che vi dovrete preoccupare, perché è poi che andrà sempre peggio". Naturalmente all'epoca non capivamo bene il senso delle sue parole, perché i termini 'giustizia', 'merito', 'ricompensa', 'punizione', avevano un preciso significato a cui non si poteva derogare più di tanto. E tutti gli scostamenti da quello che ci sembrava il modello di società giusta che tutti non-potevano-non-seguire ci davano ai nervi

In effetti, ogni tanto si derogava rispetto a questo modello di perfezione. Da quando entri nel mondo prescolare, diciamo a 3 anni, a quando termini gli studi, tendenzialmente non oltre i 24-25 anni, a seconda della durata dei corsi universitari, un periodo non esattamente breve quindi - parliamo di 20 anni di vita circa! - di cose più o meno strane ne vedi parecchie. 

Capita infatti che ci sia lo studente che lecca il culo ai professori e che per questo riceva molto più di quanto non meriterebbe e capita magari che una ragazza timida venga ingiustamente penalizzata da un docente insensibile. Capita poi di trovare il paziente psichiatrico in cattedra che straparla e assegna voti più o meno a caso a chi si trova di fronte. Capita di studiare due pagine all'interno di un libro di cento e di essere interrogati proprio su quelle, ma anche di studiare novantotto pagine, lasciarne indietro due, e ritrovarti impalato sulle due. Cose che capitano, appunto.

Ci sono deroghe quindi rispetto alla realtà-come-ci-immaginiamo-che-dovrebbe-essere, eccezioni...ma diciamo la verità...il sistema tendenzialmente funziona.

Funziona perché, pur avvenendo i colpi di scena ed essendoci le ingiustizie, tendenzialmente se studi e sei bravo hai 10, se non fai niente - o perché non ci arrivi o perché sei svogliato - vai male o vieni bocciato. Solitamente, va così. Solitamente, la gente che lamenta ingiustizie viene punita giustamente. Solitamente, chi viene accusato di ricevere ricompense al di là dei propri meriti semplicemente raccoglie i frutti di ciò che ha seminato. Solitamente, è così.

E proprio questo rendeva 5 stelle deluxe quegli anni: la retribuzione secondo il merito. It does matter what you do.

Ed è questa la grande bugia della società italiana di inizio XXI secolo dove ci troviamo a vivere, l'unica che credo di conoscere abbastanza bene da sentirmi autorizzato a parlarne senza troppi timori di sparare cazzate.

Uscito dall'Università, a 23-24-25 anni o forse più, dopo aver passato i 20 precedenti all'interno di un contesto in cui il merito ti dava proprio l'impressione di essere retribuito, ci metti un po' a capire che nel mondo reale avviene tutt'altro. Mandi curriculum, fai colloqui, dai per scontato che quello che hai fatto qualche valore ce lo avrà. Lo hai letto nei libri, te lo hanno detto i politici in tv: se studi e ti applichi, nella vita farai strada, potrai scegliere la professione che ti piace, ti costruirai il futuro che desideri.

Niente di più falso. Questa è la grande bugia che proprio non si può perdonare all'ipocrita Italia dei nostri giorni. Il punto è che la realtà, qui da noi, non conta proprio nulla. Conta sempre altro: conta quello che appare, contano le relazioni, le parentele, gli appoggi, i legami più o meno privati e personali. Conta il caso, conta la fortuna, conta il contesto in cui uno si trova ad operare, ma mai - o quanto meno molto raramente e in piccolissima misura - il dato concreto e materiale delle proprie azioni.

Homo faber fortunae suae ci insegnavano a scuola, "ogni uomo è artefice della propria sorte". Direi che è vero piuttosto il contrario: duole ammettere quanto poco, ma proprio poco, della nostra vita sia il risultato diretto dei nostri meriti e quanto invece ci ritroviamo per meriti o demeriti altrui.

Peccato non averla avuta svelata questa bugia molto prima, a 19 anni quando uno esce da scuola, o anche più tardi appena finita l'Università. Sarebbe stato molto bello sentirsi dire subito: mio caro, quello che hai fatto o farai, non interesserà mai a nessuno. Interesserà altro, e tu dovrai cercare di dare altro, che non sarà però frutto della tua capacità o del tuo impegno. Sarà frutto della tua furbizia, della tua scaltrezza, del tuo servilismo, dello stomaco che avrai nel mandare giù bocconi sempre più indigesti. Sarà questo il "talento" che eventualmente sarai chiamato a mostrare. Ti va di sviluppare questo talento?

A pensarci bene sarebbe stato meglio saperlo anche prima, magari a 15 anni. Bisognava saperlo che ad esempio prendere bei voti a scuola proprio non serve a nulla e che anzi, nella società dei grandi, dà anche un po' fastidio ritrovarsi addosso l'etichetta del secchione: "ma-che-vuole-questo?" "che-ce-ne-frega-dei-suoi-voti?". Niente, punto.

Almeno così passavamo più pomeriggi a giocare a pallone o a uscire con le ragazze, sarebbe stato meglio.

Si salvi chi può.

 

La maggior parte delle persone si inganna con una duplice fede errata: crede nella Memoria Eterna (delle persone, delle cose, delle azioni, dei popoli) e nella Riparabilità (di azioni, errori, peccati, ingiustizie). Sono entrambe fedi false. In realtà avviene proprio il contrario: ogni cosa sarà dimenticata e a nulla sarà posto rimedio. Il ruolo della riparazione (della vendetta come del perdono) sarà assunto dall'oblio. Nessuno rimedierà alle ingiustizie commesse ma tutte le ingiustizie saranno dimenticate. (Milan Kundera, Lo scherzo, Milano, Adelphi, 1965)

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