Ernani, opera romantica, di grande musica e forti ideali

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Il Teatro dell’Opera di Roma ha inaugurato la stagione 2013-2014 con Ernani di Giuseppe Verdi, sotto la direzione di Riccardo Muti. Scelta di per sé non particolarmente originale, ma in tempi in cui un Teatro riesce a programmare meno di dieci titoli lirici all’anno, anche questa finisce col diventare una proposta quasi innovativa.

Si tratta di un’opera giovanile di Verdi, la quinta in assoluto dopo gli esordi (Oberto, conte di San Bonificio e Un giorno di regno) e i kolossal mistico-religiosi (Nabucco e Lombardi alla prima crociata). Un titolo di svolta per certi aspetti, che segna una prima tappa di maturità compositiva per Verdi, ancora legato agli stereotipi stilistici del tempo, ma già pregno di una musicalità profonda e autenticamente sua.

Ernani non possiamo considerarlo un capolavoro semplicemente perché non è perfetto dall’inizio alla fine. L’opera è oggettivamente azzoppata da una trama complessa, irrealistica e per certi aspetti ridicola, soprattutto se letta con gli occhi dello spettatore del XXI secolo, e anche la musica non riesce sempre a decollare. Anche per Trovatore forse si possono avanzare le stesse perplessità riguardo all’impianto narrativo, ma lì una musica meravigliosa, originale, perfetta dall’inizio alla fine, cancella ogni incertezza e ci fa amare l’opera. In Ernani non avviene lo stesso. Soprattutto i primi due atti, ingolfati nella sciocca storia d’amore di Elvira, pulzella desiderata e contesa da ben tre uomini, non convincono pienamente. Molte arie, alcune anche memorabili (su tutte Ernani, Ernani, involami! canta dalla Bella) e molta musica, ma nel complesso questi due atti lasciano non pienamente soddisfatti.

Gli ultimi due invece, III e IV atto, ci fanno toccare con mano la grandezza di Verdi. Perfetti, scenicamente ma soprattutto musicalmente, pieni di bellezza e sentimento. L’atto III si apre in una cripta: la musica è quasi dark, con la melodia affidata al clarinetto basso. Assistiamo a Carlo di Spagna che diventa Carlo V imperatore del Sacro Romano Impero e Verdi ci regala un meraviglioso concertato tra baritono, accompagnato da una fascinosa arpa, e gli altri cantanti, sostenuti dall’orchestra. Nel III atto spicca poi il celebre coro Si ridesti il Leon di Castiglia, canto dei ribelli spagnoli che ha però il sapore del canto degli italiani, considerato soprattutto che Ernani ebbe la sua prima rappresentazione a Venezia nel periodo della dominazione austriaca.

Un Ernani artisticamente davvero convincente. Muti torna a quest’opera dopo più di trent’anni dalla memorabile edizione scaligera di inizi anni ’80 e lo fa con grande smalto: la lettura è molto più pacata, lenta, riflessiva, seria, tragica, rispetto a quella di allora. I cori sono solenni, Muti ci riporta a un Verdi per nulla bandistico ma quasi sacro, ieratico. L’orchestra, come sempre con lui, suona benissimo. Perfetto Evangelisti al flauto. Interpretazione di Muti in linea con quello che il Maestro da alcuni tempi va ripetendo un po' ovunque, sia in tv che in teatro, ovvero che Verdi è un compositore serio, che merita quindi serietà nell'esecuzione e un atteggiamento assolutamente sobrio e rispettoso.

 

Anche i cantanti molto bravi: splendida l’Elvira di Tatiana Serjan e ottimo l’Ernani di Francesco Meli. Un po’ meno convincenti baritono e basso, Don Carlo e Silva, Luca Salsi e Ildebrando D'Arcangelo (pure una star, ma più adatto a Mozart che a questo repertorio): soprattutto chi ha in mente il suono di Renato Bruson e la voce perfetta per la parte di Nicolaj Ghiaurov non può non fare il paragone. Certo, se scendiamo su questo piano, viene da dire che anche l’Ernani di Placido Domingo e l’Elvira di Mirella Freni erano tutta un’altra cosa…ma tenendo presenti gli standard dei teatri AD 2014…direi che col cast di questo Ernani c’era da ritenersi più che soddisfatti! Diamo al cd ciò che appartiene al cd e godiamoci dal vivo questo bellissimo spettacolo!