Claudio Abbado. Per sempre.

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Il mondo della Musica e dell'Arte tutta si è fermato per piangere la scomparsa del grande Claudio. Eravamo preparati, ovviamente. Fin dal cancro allo stomaco che lo aveva colpito più di dieci anni fa e che ne aveva debilitato il fisico, ma non l'animo. Purtroppo un po' tutti avevamo pensato al peggio vedendo annullati, uno dopo l'altro, i concerti degli ultimi mesi. Una lontananza dalla musica che si stava prolungando da troppo tempo per non generare sospetti e preoccupazione in tutti quelli che, come me, da anni seguivano le sue uscite.

La prima volta che ebbi la gioia di ascoltare Abbado di persona fu nel '97. Era a Roma per la seconda volta da direttore musicale dei Berliner Philharmoniker. La prima, nel '93, ero troppo piccolo per acquistare i biglietti, ma ricordo che per quel concerto del '97 feci la fila alle 5 del mattino. Sapevo infatti che avrei assistito ad una grande serata di musica. Quello che non sapevo era che quella serata avrebbe cambiato, almeno in parte, la mia vita.

L'avrebbe cambiata perché da allora sarei diventato una sorta di Abbado-buster. Quella Settima di Beethoven e quella Terza di Brahms, ascoltate a 17 anni, erano quanto di più bello avessi mai sentito. Non credevo che un'orchestra potesse suonare così, che un semplice spettatore potesse ricevere così tante emozioni da un concerto.

Da allora per me è iniziata la caccia a tutti i concerti di Abbado. Accolsi come un dono del Cielo il ciclo Beethoven a Roma del febbraio 2002: un'occasione unica per sentire qui, vicino casa, le sinfonie e i concerti per pianoforte e orchestra. Costavano un botto: a 21 anni potevo permettermi solo la Pastorale e la Nona. Ma andò bene anche così.

Eravamo solo all'inizio. Proprio nel 2002 avrei conosciuto la grande Tilla, al secolo prof.ssa Attilia Giuliani, mitica presidente del Club Abbadiani Itineranti, le cui attività sarebbero divenute, da allora, uno dei miei maggiori poli di interesse ludico e ricreativo. Proprio grazie al Cai -e ad Abbado, ovviamente- ebbi modo di scoprire Schoenberg, in una meravigliosa esecuzione a Ferrara del Pelléas et Mélisande, sempre con i Berliner Philharmoniker. Era il 2003, festeggiavamo proprio in quell'occasione i 70 anni del Nostro.

Di lì a poco sarebbe esploso il fenomeno Ryanair e quindi la possibilità di seguire Abbado anche fuori Roma era sempre più a portata di mano. I concerti potevano servire ad ogni scopo: erano la scusa perfetta per invitare fuori una ragazza, l'occasione per fare un viaggio e scoprire una nuova città. Le mie estati dal 2006 al 2013 sarebbero state impostate su Lucerna e sui ritmi dati dal grande Claudio al Festival. Addirittura il giorno dopo il mio matrimonio volavamo a Berlino, per sentire ancora una volta Abbado e i Berliner, alla Philharmonie, Herbert von Karajan Strasse 1. Roba da matti? Forse. Da grandi innamorati della Musica, di sicuro.

Il Festival di Lucerna, dicevamo. Qui si è consumata l'ultima stagione del Maestro. Dopo una vita in cui aveva ottenuto letteralmente tutto quello che si potesse sognare di avere dalla Musica, e forse anche di più, con incarichi alla Scala, Chicago Symphony, Wiener Philharmoniker, London Symphony, Berliner Philharmoniker (la più importante orchestra del mondo, come successore di Herbert von Karajan), a 70 anni e con un tumore alle spalle, Abbado aveva accettato l'ultima sfida: ricostituire l'Orchestra del Festival di Lucerna, partendo dalla Mahler Chamber Orchestra, arricchita con alcuni dei più grandi solisti disponibili sul panorama internazionale: l'Hagen Quartett, Sabine Mayer, Mario Brunello, Alessio Allegrini, Natalia Gutman e tantissimi altri. Una meravigliosa orchestra di base quindi, la Mahler, che con questi innesti e una spalla come Kolja Blacher, storico primo violino dei Berliner, diventava forse la migliore orchestra del mondo.

E forse proprio qui Abbado ha raggiunto il punto più alto della sua storia. In questi anni ci ha regalato un Mahler straordinario, registrazioni che rimarranno nel cuore e nella mente di tutti coloro che amano questo autore. La serata della Nona, con i quasi due minuti di silenzio alla fine, sapevamo di aver assistito ad un vero e proprio miracolo musicale, un'esecuzione che avremmo ricordato negli anni a venire. Qui a Lucerna, debole nel corpo, ma forte nello spirito, Abbado ha dialogato a tu per tu con i grandi della Musica, arrivando a scoprire i lati più reconditi delle diverse partiture, fino all'Eroica dello scorso agosto, difficile da descrivere, per quanta emozione e bellezza ha regalato al pubblico. Un'esecuzione in cui il confine tra autore ed esecutore diventava labile, sfumato. Abbado reinventava la Musica, che come creta nelle sue mani, assumeva forme del tutto nuove e inaspettate.

Ci ritroviamo quindi questa sera davvero più tristi e più soli nel grande mare della Musica. Non avrò più un Abbado da cercare nelle stagioni musicali di mezzo mondo, non cercherò più tra le ultime uscite della Deutsche Grammophon per vedere se c'è qualcosa di nuovo diretto da lui. Eppure già so che il ricordo di tutta questa bellezza che ci ha unito, non mi abbandonerà mai. Rimarrà nella storia della mia vita, nei miei ricordi, nei mie pensieri, nel mio cuore. Per sempre.